50 RAGIONI PER ESSERE VETERINARIO OMEOPATA: il racconto di un percorso
Come e perché scegliere di percorrere la difficile strada dell'Omeopatia

"Cinquanta ragioni sono una dose piuttosto grande, anche se ciascuna è un solo piccolo globulo".
Questa è la sfida lanciata dal dr. T.A.K. al dr. James Compton Burnett: produrre 50 validi motivi a sostegno dell'omeopatia.
Era il 1888 quando venne pubblicato il libro "Cinquanta ragioni per essere omeopata" del dottor James Compton Burnett, celebre medico omeopata inglese esasperato dalle molteplici critiche e calunnie mosse dai colleghi allopati verso il suo operato e quello degli omeopati in generale.
Il libro è una raccolta di lettere che il dottor Compton indirizzò ad un collega scettico ed ostinato, citato come T.A.K. , per illustrare attraverso le sue esperienze cliniche cinquanta argomentazioni accompagnate da dimostrazioni cliniche pertinenti sull'efficacia dell'omeopatia.
Molti anni più tardi il dottor Pierre Schmidt, altro notissimo omeopata svizzero, durante le lezioni ai suoi allievi lesse le 50 ragioni, per spronarli ed incoraggiarli a raccontare la propria biografia omeopatica. Scrive il dottor Schmidt: "Dopotutto per abbandonare la strada battuta, così facile, per seguire una via criticata da tutti occorre un motivo, un interesse particolare".
Sulle molte critiche contro l'omeopatia prosegue così: "Quando si vede questo ostracismo e si sentono critiche di questo genere da parte di medici che hanno fatto i nostri stessi studi, ma che non sanno niente di omeopatia, non hanno letto nulla, non hanno visto niente e pretendono emettere un'opinione, non si può che essere rattristati dalla parzialità di esseri ai quali gli studi non hanno fornito nessun senso critico vero e la pratica nessuna tolleranza" (Quaderni di omeopatia, Quaderno n. 1).
Prendendo spunto da tale iniziativa e grazie alla collaborazione con la rivista Il Medico Omeopata ho voluto riproporre in scala minore le 50 Ragioni per essere veterinario omeopata, chiedendo ai Medici Veterinari soci FIAMO di illustrare come e perché hanno scelto di percorrere la difficile strada dell'omeopatia.
E' quindi nata una Rubrica per la quale ho intervistato vari colleghi Veterinari che di volta in volta si sono prestati a raccontare il loro percorso.
Ecco qui la storia della "mia" Ragione, la n. 13 (pubblicata su Il Medico Omeopata n. 78, dicembre 2021, pag.12-13):
"Lavoro a Modena e provincia, mi occupo di animali d'affezione e collaboro con diverse strutture presenti sul territorio.
Dell'Omeopatia e affini avevo solo sentito parlare - con derisione e scetticismo - fino al 2003, quando una collega mi trascinò ad una giornata introduttiva sull'omotossicologia applicata in medicina veterinaria.
L'oratore era esuberante e ci illustrò numerosi casi clinici risolti con successo grazie a una serie di rimedi che secondo la mia formazione universitaria erano "acqua fresca".
Fui subito incuriosita e ben presto mi iscrissi ad una scuola di omotossicologia che aveva il patrocinio della stessa Facoltà di Medicina Veterinaria di Bologna. Iniziai ad utilizzare tali rimedi anche per uso personale, ma gli anni passavano e non ero completamente soddisfatta dei risultati.
Fu così che, seguendo le orme di una cara amica, mi iscrissi alla Scuola di Omeopatia Unicista Mario Garlasco di Firenze. Era una scuola "mista" dove ero l'unico veterinario ma sia i compagni di corso sia i docenti si rivelarono una fonte preziosa dal punto di vista umano, professionale e didattico.
Mi gettai nello studio con entusiasmo, consapevole degli abissi di ignoranza e pregiudizi che mi intasavano la mente. Ero affascinata dall'approccio globale al paziente, dalla possibilità di curare senza sopprimere e dalla sfida che ogni caso rappresenta, unico e peculiare.
Nel 2010 ebbi il privilegio di poter visitare l'Isola di Gorgona, dove il dr. Verdone, Docente Veterinario, seguiva da anni uno splendido progetto di omeopatia applicata agli animali. Si trattava di bovini, capre e animali da cortile affidati ai detenuti ospitati sull'ultima isola-carcere italiana. Nei tre giorni ricchi di eventi, nozioni ed esperienze partecipai al primo proving e ammirai l'approccio "One-health", che trovava un ambiente favorevole in un luogo inaspettato.
Finalmente, al terzo anno, si presentò l'opportunità di prescrivere dei rimedi per casi semplici, tuttavia ancora non comprendevo la potenza e la profondità di effetto dell'Omeopatia.
L'evento che mi convinse definitivamente lo devo ad un collega, che mi contattò per un suo paziente, un cagnolino anziano e severamente cardiopatico i cui proprietari avevano difficoltà economiche e non potevano permettersi le costose medicine prescritte dallo specialista.
Visitai il cagnolino e dopo una sfibrante analisi del caso e una repertorizzazione faticosa (utilizzavo il repertorio cartaceo venuto dall'India) scelsi Phosphorus, in plus. Diedi la prescrizione e non ebbi più notizie per 4 mesi. Alla vigilia di Pasqua il collega mi telefonò, riferendo che il cagnolino aveva avuto una crisi epilettica.
Dopo un approfondimento scoprii che il collega ed i proprietari avevano "mal interpretato" la prescrizione e che avevano proseguito la somministrazione - alla 30 CH - in modo continuo! Non si capacitavano che fosse sufficiente dare qualche goccia per pochi giorni e poi…. osservare e attendere.
La crisi era di origine cardiogena? Oppure il cagnolino era vittima inconsapevole di una sperimentazione? Il rimedio fu sospeso e la crisi non si ripresentò. Prescrissi di nuovo il rimedio, stavolta nella potenza e modalità adeguate, che il cagnolino proseguì ad assumere a lungo.
Un anno dopo, l'ecografista che effettuò il controllo disse che gli sembrava un "miracolo" che il paziente fosse ancora vivo.
Devo molto a quell'episodio: lo spavento di aver arrecato un danno, la soddisfazione di aver aiutato concretamente il paziente e soprattutto la meraviglia per aver constatato di persona quanto possa essere potente l'omeopatia.
Purtroppo affronto ogni giorno la difficoltà di conciliare le prescrizioni omeopatiche con il disprezzo e i pregiudizi di tanti colleghi "allopati" che preferiscono ignorare e deridere ciò che non comprendono, piuttosto che rimettere in discussione quanto appreso molti anni prima.
E' invece un dono confrontarsi con i colleghi curiosi e coraggiosi. Essere entrata a far parte della comunità della Fiamo mi ha permesso di ritrovare l'ottimismo e l'entusiasmo dei primi anni di studio e di partecipare a iniziative e progetti di grande qualità.
La mia storia con l'omeopatia è frutto di un percorso professionale e personale: l'omeopatia mi ha fornito gli strumenti per affinare le abilità di analisi e di sintesi di un caso clinico, è continua fonte di stimolo per ampliare le conoscenze ed è il mezzo che continua a mettermi in contatto con persone generose e di grande spessore. E' una medicina dolce e potente.
Ai colleghi che si affacciano per la prima volta a questa disciplina, ed a coloro che invece si sentono un pò stanchi e demotivati, consiglio di affrontare ogni caso come se fosse il primo, di placare la mente come la superficie di un mare immenso e di ritrovare l'equilibrio tra cura e guarigione".